Gaza è Vita ordinaria in una terra straordinaria: la giornata di Sara nella Striscia di Gaza
Sarah è nata in Germania, il 7 dicembre del 1993, dove il padre lavorava in quel momento. Dopo 6 mesi sono tornati a casa, nella Striscia di Gaza, dalla quale non è più uscita.
"Gaza è il carcere a cielo aperto più grande al mondo", racconta Sara, una striscia di terra che da 70 anni resiste all’occupazione israeliana. Solo dal 2000 a oggi Gaza ha subito 4 guerre e innumerevoli incursioni, conflitti di diverse proporzioni che hanno tolto la vita a più di 2000 bambini palestinesi.
A più di un 1.700.000 persone ammassate in poco più di 360 km² viene negata la libertà di movimento, essendo la striscia di Gaza, completamente assediata dal 2006, con conseguenze drammatiche sull'accesso all'acqua, all'energia, ai beni di prima necessità che negli anni hanno causato ripetute crisi umanitarie ormai endemiche.
Nascere, crescere, combattere e resistere a tutto questo, e a molto altro ancora, è la grande prova a cui è sottoposto il popolo palestinese da più di mezzo secolo.
Se da un lato però c’è l’ossessione nel raccontare e mostrare il conflitto a fuoco, è ancora più importante raccontare le vite di chi, nel caos e nella continua sospensione dei diritti umani, lotta e prova a vivere una vita il più possibile "normale".
Lo sguardo di Sara lascia poco spazio a interpretazioni.
Incorniciato dal suo nijab rosso porpora, è uno sguardo intenso e profondo, allegro e malinconico, incastonato sul volto di una ragazza di poco più di 25 anni, capace di trasmettere la vita del popolo palestinese senza aver bisogno di troppi racconti.
Sarah è figlia della Striscia di Gaza, quella parte del mondo che vive sospesa tra conflitti e accordi tra due popoli.
Fa parte di quella generazione di ragazzi palestinesi nata negli anni novanta, durante gli accordi di Oslo.
Una generazione che sta attraversando l’inasprirsi di una delle più invasive e durature occupazioni militari.
Vivere sotto la minaccia continua dei cecchini israeliani, dei caccia militari F16 e dei più moderni droni che sorvolano la striscia, nascere e crescere nel cuore di un conflitto, vuol dire attraversare materialmente e psicologicamente le grandi cicatrici del tuo popolo. Tracce che si ritrovano nell’esistenza collettiva e soggettiva. Costruire la propria normalità è un'impresa ardua ma possibile, come ci dimostra ogni giorno Sara.
Attraverso i suoi racconti e attraverso la sua vita quotidiana è possibile comprendere il limbo in cui si trovano le vite dei giovani palestinesi. Una condizione sospesa tra l’inquietudine dei conflitti passati e presenti e la semplicità dei piccoli gesti ordinari, della quotidianità, che in un contesto così al limite, diventano atti di resistenza.
La difesa della propria terra e del proprio popolo attraversa la vita di questa giovane ragazza: “ Ohhh this is a fucking life” ripete spesso sorridendo e sospirando, racchiudendo in queste poche frasi tutte le difficoltà in cui ci si imbatte per rivendicare il diritto a vivere serenamente nella propria terra e assieme ai propri cari.
Nonostante le difficoltà, Sarah prova a vivere la sua vita di tutti i giorni, lavora per il Palestinian Center For Human Right, gioca nella squadra femminile di Softball di Gaza, condivide un co-working con un gruppo di studenti e studentesse delle diverse facoltà di architettura presenti sulla striscia; il pomeriggio dopo il lavoro si incontra con le amiche in un centro commerciale a Gaza city o in uno dei tanti bar lungo la spiaggia, sempre con il proprio smartphone tra le mani, tra un selfie e un post su Instagram.
Come molti degli abitanti della striscia, ogni Venerdì partecipa alle manifestazioni lungo il confine con Israele, che dal 30 marzo 2018 ad ottobre 2018, conta circa 200 morti, di cui 34 bambini; i feriti sono più di 16.000, di cui un terzo bambini;circa 400 operatori sanitari sono rimasti feriti e 3 sono morti, circa 200 giornalisti sono rimasti feriti e 2 sono morti.
" La Marcia del ritorno è un modo per dire al mondo che siamo stanchi, che vogliamo poter tornare nelle nostre terre e vivere in pace come 70 anni fa", ci spiega Sarah mentre ci tiene a distanza dalle proteste per motivi di sicurezza.
Sarah è molto legata a Meri Calvelli, responsabile del centro di scambio culturale Italia-Gaza Vik Vittorio Arrigoni e perno della cooperazione italiana, considerata da molti una seconda mamma; “Meri è la mamma di tutti qua” dice sorridendo.
Come molti abitanti di Gaza ama il mare, unico sbocco psicologico della sua terra, dove si rifugia anche solo con lo sguardo, appena può.
Voler Raccontare Gaza attraverso la vita quotidiana di Sara significa voler raccontare la vita, i sogni, i desideri e le passioni di una terra che prova a riscattare la propria esistenza giorno dopo giorno.

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